Cos'è e come funziona SearchGPT: il motore di ricerca di OpenAI

Abbiamo già avuto modo di vedere come Google stia sempre più diventando un motore di ricerca integrato con l’AI, anche se, a volerla raccontare tutta, il primo ad andare in questa direzione è stato Bing, di proprietà di Microsoft.
In questo contesto, OpenAI, la società di ChatGPT, non è stata a guardare e ha risposto con SearchGPT: un motore di ricerca di ultima generazione basato sull’AI, sviluppato in partnership con la multinazionale di Bill Gates. Lanciato il 31 ottobre 2024, dopo una prima fase di prototipazione avvenuta nel luglio dello stesso anno, sta letteralmente rivoluzionando il settore, sia per quanto concerne le modalità di ricerca sia le risposte offerte agli utenti. In questo approfondimento vi raccontiamo qualcosa di più.
Cos’è SearchGPT e le sue caratteristiche distintive
Ma cos’è SearchGPT, esattamente? Si tratta di un motore di ricerca che combina due logiche differenti (seppur complementari): quella del chatbot e quella tipica dei motori di ricerca tradizionali.
Il risultato è una piattaforma di matrice conversazionale, pensata per offrire un'esperienza di ricerca meno dispersiva, più veloce e altamente personalizzata.
Alla base c’è un’interazione non più di stampo input-output, ma all’insegna del dialogo, in cui l’utente si relaziona come farebbe con un esperto o una persona che ha accesso a un’ampia banca dati.
SearchGPT risponde in maniera precisa, pertinente, adeguata e contestualizzata, offrendo fonti aggiornate e documentate, dando vita a un’interazione dinamica, in cui l’utente, per ulteriori informazioni, non deve fare altro che porre altre domande.
Il funzionamento alla base di SearchGPT
Come funziona SearchGPT? Si caratterizza per l’uso di soluzioni e algoritmi sofisticati di deep learning e machine learning, a fronte dell’impiego del modello GPT-4 del chatbot di OpenAI.
Ed è proprio questo fattore a permettergli di generare risposte in maniera pressoché analoga a come fa di solito ChatGPT, seppur inserendo dei dati aggiornati. Il meccanismo è in grado di analizzare in real time fonti ufficiali e pagine web, di cui propone una sintesi, esponendo informazioni complesse in maniera chiara, diretta e quindi di facile comprensione.
Le risposte fornite non si limitano a dare notizia del “cosa”, come avviene nei motori di ricerca di stampo tradizionale, ma anche del “come” e del “perché”. Ciò permette all’utente di ricevere in un’unica conversazione i punti di vista di più fonti, senza dover consultare più canali.
Non è tutto. SearchGPT è infatti dotato di una barra laterale in cui vengono citate le fonti con precisione, cosa che viene inoltre fatta direttamente nel testo: questo permette di approcciarsi in un modo affine a quello che tutti conosciamo.
Questa soluzione è stata inoltre ideata per ovviare ai bug che presenta ancora il sistema, a cui – seppur meno che in passato – viene rimproverato di avere ogni tanto degli “svarioni”, offrendo risposte non pertinenti e persino irrealistiche e fantasiose.
In questo modo la persona può fare le opportune verifiche, aggiustando la direzione della comunicazione con domande/ricerche successive, migliorando la qualità dell’interazione e delle stesse informazioni ricevute.
Cosa cambia rispetto a Google e Bing
Ci sono poi alcuni fattori tecnici che rendono SearchGPT particolarmente innovativo, differenziandolo da Google e Bing. Ecco di quali si tratta.
Una logica diversa di indicizzazione
Rispetto a Google, che segue una logica di ranking fondata sull’analisi algoritmica, SearchGPT ha un approccio più contestuale: offre una risposta complessiva, facendo leva su più fonti, elaborando una panoramica pertinente per l’utente. Il quale può così capire da dove partire per approfondire ed entrare più nei dettagli.
SearchGPT si appoggia a modelli di AI generativa e adotta un metodo ibrido. Cosa vuol dire? Il punto di partenza è l’analisi dei dati; in questo si avvale di Bing. A cui però aggiunge un’operatività fondata sulle interazioni con gli utenti, a seconda di come si sono sviluppate le conversazioni.
I risultati sono decisamente diversi da quelli di Bing (e Google), che funge piuttosto da database, complice un ulteriore processo svolto dall’IA: è questo a fare la differenza.
Una logica diversa anche in termini di monetizzazione
Rispetto a Google, che si fonda su un modello di advertising di stampo SEA, SearchGPT è ancora indietro: non sono infatti stati ancora inseriti annunci pubblicitari all’interno delle risposte fornite alle query. Manca perciò una monetizzazione diretta.
Sicuramente, tale fattore verrà implementato nel prossimo futuro, trovando nuove forme di monetizzazione commerciale: siamo ancora agli inizi, non resta che aspettare gli ulteriori sviluppi.
C’è però da segnalare una monetizzazione indiretta, complice la presenza di link di affiliazione. Ciò lascia supporre che un primo passo verso la sponsorizzazione vera e propria potrebbe essere quello dello shopping advertising, ma tutto è ancora in fase di sperimentazione.
Una logica diversa rispetto alle parole chiave
SearchGPT, come tutti i motori di ricerca con AI integrata, presenta una nuova dinamica in merito all’uso delle keyword, che vengono sì utilizzate e valutate, ma in maniera differente. È anche per questo che i risultati sono altri rispetto a quelli proposti da Bing e Google: perché la logica è diversa.
Alla base c’è una selezione di contenuti pertinenti e di qualità, chiari e autorevoli; un elemento preferito alle parole chiave tout court.
Una logica diversa nel rapporto con editori e portali online
Dietro il lancio di SearchGPT – ed è qualcosa che risulta ufficiale e in quanto tale dichiarato da parte degli organi competenti – il progetto è stato ideato a fronte di una collaborazione con testate giornalistiche e piattaforme specializzate in content marketing. Ciò ha permesso di conseguire dati e informazioni davvero affidabili e di qualità.
Ma c’è un altro aspetto: chi ha fornito i propri contenuti ha acquisito un rapporto privilegiato con il motore di ricerca, all’insegna di un maggiore controllo e trasparenza.
Il fatto di aver reso pubblici i nomi delle testate ha permesso a SearchGPT di mostrarsi più autorevole e chiaro, persino nelle policy, ricevendo ulteriori input. Qualcosa di molto prezioso nell’ottica di implementare l’addestramento della nuova tecnologia e renderla ancora più performante.
SearchGPT ha così risolto un’altra questione piuttosto spinosa: quella della privacy delle fonti da cui sono state prese le informazioni, e della necessità di ricevere debita autorizzazione per l’utilizzo dei dati. Ha imparato dagli errori dei concorrenti, insomma, e dai suoi.
Conclusioni: verso un modo nuovo di fare ricerca online
L’approccio ibrido adottato da SearchGPT, ma anche per alcuni versi da Google, testimonia che stiamo andando verso un nuovo modo di fare ricerca online. Le logiche della SEO tradizionale sono ancora valide, ma si stanno evolvendo alla luce degli sviluppi e degli standard introdotti dall’IA.
A fare da spartiacque rimane la pertinenza delle fonti nonché il fatto di avere informazioni fresche, pertinenti, misurabili e verificabili. Perché l’errore, con le soluzioni dell’intelligenza artificiale, nonostante gli ultimi sviluppi degni di nota, è davvero dietro l’angolo.
E sarà questo il tallone d’Achille da continuare a risolvere, cosa che può essere conseguita continuando l’addestramento durante l’utilizzo. Per gli addetti ai lavori, invece, la sfida è trovare nuove soluzioni con cui implementare la visibilità online, aggiornandosi costantemente.