24.04.2025

Abuso della reputazione del sito: cosa dice la norma antispam di Google

L'abuso della reputazione di un sito web è una pratica irregolare, non ammessa e punita da Google. Scopriamo di cosa si tratta.

Abuso della reputazione del sito: cosa dice la norma antispam di Google

Il site reputation abuse, ovvero l’abuso della reputazione del sito, rappresenta una pratica di Black Hat SEO attuata con un intento manipolativo nei confronti dell’algoritmo di Google.

Il popolare motore di ricerca ha fatto chiarezza rispetto alla sua illiceità all’interno di un recente aggiornamento della norma antispam, intervenendo rapidamente sui siti che conseguono delle violazioni.

Ciò ha avuto come conseguenza anche una redistribuzione delle posizioni sulle SERP degli utenti, a fronte di un criterio maggiormente meritocratico e volto a favorire una forma diversa di autorevolezza. Oggi entriamo più nei dettagli, partendo da cosa si intende per site reputation abuse.

Abuso della reputazione del sito: di cosa parliamo

Quando si parla di abuso della reputazione del sito si fa riferimento a una pratica svolta da una determinata azienda/professionista per far emergere il proprio sito web agli occhi dell’algoritmo di Google, agendo sull’autorevolezza: uno dei fattori di ranking di maggiore rilevanza tra quelli presi in considerazione da Big G.

Pertanto, Google offre a proposito del fenomeno la definizione che riportiamo di seguito:

“L'abuso della reputazione del sito è la pratica di pubblicare pagine di terze parti su un sito nel tentativo di manipolare i ranking di ricerca sfruttando gli indicatori di ranking del sito host.”

In cosa consiste esattamente? Si pubblicano contenuti di un determinato sito, che chiameremo “X”, su un altro portale (“Y”), usando l’autorevolezza di quest’ultimo come traino e manipolando i criteri che portano al posizionamento di X.

La manipolazione avviene perché X approfitta dell’autorevolezza di Y per risaltare agli occhi virtuali di Google, facendo leva su dei contenuti che però non sono pertinenti.

I contenuti di terze parti, sempre per usare le parole ufficialmente diramate dal motore di ricerca, “sono contenuti creati da un'entità distinta dal sito host. Alcuni esempi di entità distinte sono gli utenti del sito, freelance, servizi white-label, contenuti creati da persone che non lavorano direttamente per il sito host e altri esempi elencati nelle norme sulla reputazione del sito.”

Cerchiamo di spiegarci meglio proponendo alcuni esempi di site reputation abuse:

  • Pubblicazione su un portale edile di contenuti relativi al mondo del trading online.
  • Un determinato portale dalla reputazione ormai consolidata crea ulteriori siti che potremmo definire satelliti, generando contenuti che hanno il solo scopo di riportare al portale principale.

Perché si parla di abuso

Ma perché, esattamente, si tratta di un abuso, anche se risulta facilmente intuibile?

Prima di tutto perché si assiste a una violazione delle norme di Google per quanto concerne la pubblicazione dei contenuti e poi perché si genera una condizione per cui si manipolano tanto il ranking di ricerca quanto gli utenti, ingannandoli: nel momento in cui cliccano si aspettano un certo qualcosa, trovandone un altro.

C’è poi da dire che si assiste a un abbassamento generale della qualità delle informazioni, ed è questa la ragione che ha spinto Big G. a muoversi, intervenendo con maggiore determinazione.

Gli interventi di Google a contrasto del fenomeno

Il Gigante di Mountain View ha deciso di contrastare questo tipo di azione di Black Hat SEO ufficializzando il fatto che la reputa illegale e in quanto tale punibile ai suoi occhi.

Si è mosso in particolare pubblicando il 19 novembre 2024 quello noto come “Aggiornamento delle nostre norme relative all’abuso della reputazione del sito”, impegnandosi a combattere lo spam ed estirpare così il fenomeno.

Questo documento rafforza quanto affermato a maggio dello stesso anno all’interno delle “Norme relative allo spam per la ricerca Google”, pensate nell’ottica di tutelare gli utenti, migliorando la qualità dei risultati mostrati nelle SERP.

Cosa si afferma in tali norme? Si dice, in buona sostanza, che nessuna pratica di pubblicazione di contenuti terzi non pertinenti risulta lecita e quindi ammessa.

Il Gigante di Mountain View ha praticamente ammesso che da quel momento in poi il criterio adottato sarebbe stato di tolleranza zero, anche per i brand più affermati e consolidati. Una promessa che è stata mantenuta.

Cosa dice la norma di Google sul site reputation abuse

La norma sull’abuso della reputazione del sito è stata anticipata dallo Spam & Core Update di marzo 2024, diventando operativa a maggio dello stesso anno.

Al suo interno vengono delineate diverse regole antispam adoperate dal motore di ricerca per migliorare la qualità dei servizi resi agli utenti.

L’obiettivo è contrastare l’adozione degli interventi di Black Hat SEO, utilizzando i contenuti di terze parti, i quali sono spesso pubblicati senza l’opportuna supervisione: cosa punita da Google.

I criteri stabiliti per quanto riguarda le violazioni vengono definiti senza che possano sussistere dubbi in merito. Si tratta principalmente di quelli che seguono:

  • Presenza di contenuti su terze parti quali pagine sponsorizzate, pubblicitarie oppure di affiliation, senza che sussista alcuna pertinenza tematica né correlazione con il dominio ospitante.
  • Promulgazione di contenuti di stampo commerciale, volti a promuovere il brand agli occhi del motore di ricerca.
  • Google considera anche il livello di coinvolgimento (e approvazione) del sito ospitante: l’abuso viene considerato maggiore nel momento in cui la gestione delle pubblicazioni risulta esternalizzata.
  • Il rischio di penalizzazione è perciò maggiore quando il sito ospitante mette a disposizione le sezioni non in linea con il proprio core business.

Come funziona il processo di accertamento?

Il team di Google è sempre all’erta, come abbiamo avuto modo di vedere a proposito della figura dei Quality Raters. La procedura di accertamento parte quando viene notificata una segnalazione tramite la Search Console.

Le penalizzazioni, qualora il riscontro desse ragione a quanto segnalato, possono avvenire in termini di posizionamento così come conseguendo un declassamento a livello di reputazione.

Cosa c’è dietro il divieto di Google

Google sta intervenendo sul site reputation abuse per preservare l’affidabilità dell’algoritmo: per salvaguardare la sua reputazione, dunque, offrendo un servizio davvero di qualità agli utenti.

Inoltre, la pubblicazione della norma antispam presenta un’efficacia preventiva: annunciando possibili penalizzazioni, contiene ed evita un allargamento del fenomeno.

C’è però da dire che in alcuni casi le penalizzazioni hanno colpito professionisti e aziende che non hanno, invero, violato alcunché. Come mai? L’applicazione della norma denota un margine di soggettività e di zona grigia. Essere consapevoli di ciò permette di adottare un atteggiamento di ulteriore cautela.

Nota finale della reputazione del sito

In ALEIDE WEB AGENCY prestiamo particolare attenzione agli aggiornamenti antispam di Google, anche perché - e vale persino in questo caso - il confine tra ciò che è lecito e quanto invece non lo è si rivela piuttosto sottile.

La norma promulgata da Google a proposito del reputation site abuse mostra l’importanza di lavorare conseguendo soluzioni che sono frutto di una fase attenta di analisi e di profonda ricerca, oltre che di attenzione ai dettagli.

A dover prestare attenzione a quanto dichiarato dal motore di ricerca sono tutti: questo perché la relazione è un elemento imprescindibile della natura umana, cosa che vale anche online. La scelta delle collaborazioni è sempre un fattore cruciale.

Nessuno è esente da penalizzazioni, in caso di violazione, nemmeno chi ha una reputazione immacolata, che anzi ha certamente di più da perdere.

Visto che il contenuto rimane il re, agli occhi dell’algoritmo, va trattato come tale: come qualcosa di prezioso, ancora di più quando si offre la propria piattaforma a parti terze o si instaurano, al contrario, partnership che dovrebbero portare una maggiore performance.

Altri articoli nella sezione "Siti Web Aziendali"